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IL RACCONTO DI VALENTINA SIMEONE, ARIANNA BOLDRINI E VIOLA MAURILLI

Tor Bella Monaca

“È MOLTO IMPORTANTE AVERE UNO SPAZIO
DOVE DIVERTIRSI E GIOCARE

IL RACCONTO DI VALENTINA SIMEONE

Mi chiamo Valentina Simeone, ho 28 anni e vengo dalle case popolari. Gioco a calcio alla Res Roma, squadra di serie B con una storia importante nel calcio femminile. Sono un’allenatrice di scuola calcio e sono impegnata in un progetto sociale e sportivo. Inoltre, frequento l'università, ma non con poche difficoltà.

Molti pensano che essere di quartieri come Tor Bella Monaca voglia solo dire degrado, malavita e maleducazione, ma non è così. Ci sono ragazzi/e come me che, nonostante sia vero che viviamo in condizioni meno lucenti, in realtà ci facciamo il mazzo per emergere ed estraniarci e molto spesso lo sport è l'unico mezzo con il quale riuscirci.

Per me il calcio è tutta la mia vita, da quando sono nata non credo di ricordare un giorno senza il pallone tra i piedi. Quando a scuola ti chiedevano "che lavoro vorresti fare?" Non avevo una risposta, perché fondamentalmente nella mia testa appariva un’immagine ben precisa, il pallone.
Posso assicurare che comunque il calcio è stato per me come per molti altri, un salvagente contro la possibilità di cadere in situazioni sbagliate. I parcheggi, i parchetti, le piazze o semplicemente il portico sotto casa erano sacri, luoghi dove giocare con l'immaginazione e una palla. Ecco perché penso che avere un campetto attrezzato vicino casa e aperto a tutti possa essere una grande opportunità per avvicinarsi ad uno sport o semplicemente per socializzare. 

Sono fortunata perché ho un carattere forte e non mi sono mai arresa di fronte ad un No o alle mille difficoltà che presenta un mondo maschilista come il calcio. Fortunata anche perché molti genitori vietano alle proprie figlie di giocare, mentre i miei mi hanno sempre lasciato scegliere, se pure a volte avrebbero preferito facessi altro e soprattutto col passare del tempo questa cosa si rafforzava perché non c'era un vero futuro a cui andare incontro e quindi giustamente preoccupati.

Ho iniziato da piccolissima e i maschietti erano sorpresi nel vedermi in campo e si facevano sempre mille domande tra loro. Ma facendo subito vedere come sapevo palleggiare l'ostacolo squadra era superato e con loro ho passato anni stupendi. Sono diventati i primi a difendermi da tutto e tutti quando incontravamo altre squadre. Prima non era facile, a Roma erano solo due società e mia madre doveva fare tanti chilometri negli anni per aiutarmi a continuare a giocare, ora ce ne sono 5/6 ma ancora abbiamo da migliorare.

IL RACCONTO DI ARIANNA BOLDRINI

Mi chiamo Arianna Boldrini, ho iniziato a giocare a calcio da piccolissima, grazie ai miei due fratelli maggiori con cui passavo interi pomeriggi in cortile a giocare con la palla di spugna. Per questo credo che avere un playground dove poter iniziare sia importantissimo. Soprattutto oggi che cortili e parchi sono sempre meno utilizzati dai ragazzi. Avere luoghi di condivisione dove crescere è fondamentale, anche perché all’inizio ogni sport nasce come un gioco. 

All’età di sette anni i miei genitori mi hanno iscritta in una società calcistica di quartiere. La squadra era composta da tutti maschi, tranne me, ma nonostante questo non mi sono mai sentita isolata né tantomeno giudicata come “femmina che giocava a calcio”. All’età di 13 anni passai in una società femminile e a 16 disputai il mio primo campionato di Serie B. L’anno successivo, poi, approdai nella primavera della A.S. Roma, allenata da Mister Fabio Melillo, scomparso purtroppo recentemente… mi ha insegnato molti valori come la disciplina, il rispetto e la resilienza e mi ha dato la possibilità di giocare per la maglia che ho sempre sognato e insieme abbiamo vinto due scudetti, a lui devo tutto sia come persona che come calciatrice.

Per me il calcio è passione, amore e dedizione. Sin da piccola sono stata affascinata dall’energia che il calcio riesce a trasmettermi. Invito ogni bambina a seguire il proprio sogno e a coltivare le proprie aspirazioni senza mai mollare e senza curarsi dei pregiudizi che fortunatamente negli ultimi anni stanno scemando.

IL RACCONTO DI VIOLA MAURILLI

Mi chiamo Viola Maurilli, ho 23 anni e gioco a calcio alla Res Roma, in serie B.

La mia passione per il calcio è nata fin da bambina, da quando andavo a vedere le partite di calcio di mio fratello maggiore. guardavo le sue partite e mi innamoravo sempre di più di questo sport. Per me il calcio è fonte di vita e di sfogo e se potessi scriverei un libro su cosa è per me il calcio. Nella mia situazione è stato anche molto più di un semplice sport, è stato di grande aiuto perché purtroppo ho perso i genitori che ero molto piccola e ho trovato nel calcio un rifugio, una salvezza, in quanto ho conosciuto tantissime persone con le quali ho legato e ho stretto dei rapporti umani che vanno al di fuori anche dello sport.

Da piccola purtroppo il calcio femminile era poco sviluppato e quindi all’inizio ho trovato difficoltà nel giocare perché ero vincolata nel giocare con i maschietti e non sempre con loro le cose andavano bene. Ho dovuto convincere tutti i ragazzi che anche io ero in grado di giocare a calcio nonostante fossi femmina e pian piano mi hanno integrata e considerata molto di più. Io penso che sia importantissimo avere uno spazio in cui potersi divertire e giocare anche in quartieri più “complicati”, nel mio caso per esempio, sono stata costretta spesso a giocare in casa perché non avevo lo spazio, che sia un cortile o un giardino sotto casa dove poter andare a giocare. Mi inventavo le porte dentro casa con qualsiasi cosa trovavo… un vaso, una bottiglia, una felpa… ma se avessi avuto a disposizione uno spazio all’aperto sarebbe stato molto più bello. 

Fare sport a volte può salvare la vita e io mi ritengo fortunata ad aver avuto da sempre questa passione, che mi ha fatto ottenere risultati importanti e mi ha reso felice in ogni istante della mia vita, nonostante tutte le difficoltà.