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Primo Piano
Sport e Salute firma la convezione con Fondazione Irti per la rieducazione dei detenuti. Cozzoli: "Non ci si fermi davanti alle mura degli istituti penitenziari"
“Rieducare - lo sport come strumento di dialogo”, è il convegno che si è svolto a Roma per porre l’attenzione sulla funzione fortemente rieducativa delle attività sportive in carcere. L’occasione ha visto la firma della convenzione tra Sport e Salute e la Fondazione “Nicola Irti”. Erano presenti Vito Cozzoli, presidente e ad di Sport e Salute e Natalino Irti, presidente della Fondazione. Dopo i saluti introduttivi di entrambi e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, dottor Carlo Renoldi, il professor Gabrio Forti, ordinario di diritto penale e criminologia presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha tenuto una lectio magistralis sul tema della rieducazione. Sono poi seguite le testimonianze di Andrea Marcon, Presidente della Federazione Italiana Baseball e Softball e di Daniela De Angelis, Responsabile dell’Ufficio CSR della Federazione Italiana Rugby, che hanno raccontato le loro esperienze di attività fisico-sportiva in carcere. E’ intervenuto per un saluto anche Francesco Paolo Sisto, Sottosegretario al Ministero della Giustizia: “Rieducare è un rafforzativo della sicurezza, chi ha pensato che più carcere voglia dire più sicurezza ha messo in essere un’equazione incostituzionale. Ci deve essere comunque un domani per chi è afflitto da misure custodiali. Questa iniziativa tra Sport e Salute e la Fondazione Irti è in perfetta sintonia con quello che è l’atteggiamento del Ministero della Giustizia, che qui rappresento in quanto delegato dalla Ministra Marta Cartabia. Conosco bene il presidente Cozzoli da molti anni, so che è una persona concreta e ha lavorato in contesti di alto livello scientifico, quindi il progetto di Sport e Salute troverà una completa realizzazione nei tempi più brevi”
Lo sport dunque come strumento rieducativo. Obiettivo della firma sottoscritta allo Stadio Olimpico di Roma è quello di migliorare il benessere psico-fisico dei detenuti, incrementare l'offerta sportiva e formativa negli istituti penitenziari con un programma affidato a tecnici e allenatori qualificati, rendere gli istituti penitenziari autonomi nelle attività sportive attraverso la realizzazione di percorsi di formazione e la dotazione di strutture. Vito Cozzoli, padrone di casa ha dato il benvenuto ed ha sottolineato: "La comunità si basa sulle persone e lo sport ha una straordinaria capacità di promuovere la comunità. Vogliamo promuovere un modello di società in cui lo sport sia una reale protezione sociale e civile per tutti a prescindere da età, condizioni economiche e sociali. Lo sport è uno strumento fondamentale per il reinserimento dei detenuti. Stiamo rilanciando il nostro modello territoriale, perché dobbiamo intercettare il disagio sociale. Le politiche pubbliche non possono fermarsi alle mura degli istituti penitenziari e le attività ricreative, compreso lo sport, sono uno dei pilastri della rieducazione del condannato. Rieducare con lo sport non vuole essere uno slogan, ma una reale opportunità". Nel 2021 Sport e Salute con il DAP aveva sottoscritto un protocollo con l'obiettivo di ‘scattare' una fotografia dell'attività sportiva in carcere e da un lavoro comune insieme al DAP è nata l’idea, valorizzata dal prof. Irti, di potenziare azioni e promozioni dello sport nelle carceri del Lazio e dell'Abruzzo. "Con Cozzoli abbiamo subito tracciato le linee della nostra collaborazione” – ha spiegato Irti, presidente dell'omonima Fondazione – “lo Stato condanna, ma è lo Stato a dover rieducare. Solo l'obbligo di rieducare può giustificare il potere di punire un condannato da parte dello Stato. Lo sport è regole e libertà insieme". Da parte sua Carlo Renoldi ha lodato le iniziative che puntano all’integrazione di chi ha sbagliato, muovendosi su basi concrete: "La rieducazione non è come la solidarietà, non è altruismo buonista. Rieducazione come preciso impegno dello Stato", ha voluto sottolineare il capo del DAP. Infine, la conclusione è stata affidata alla lectio magistralis del Prof. Forti, che ha raccontato la sua personale passione per il rugby, come sport in grado di trasmettere regole e valori e di essere straordinario strumento rieducativo".
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