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Lo sport contro le discriminazioni

Anno di pubblicazione: 

2023

Autore: 

OpenPolis

Tematiche: 

Ceti fragili Impatto sociale Bambini e ragazzi Violenza e discriminazioni

L’approfondimento della Fondazione Openpolis “Lo sport come strumento per combattere le discriminazioni” evidenzia il ruolo dello sport come mezzo di inclusione. I dati salienti rilevati sono i seguenti:

  • gli alunni stranieri che non frequentano i compagni fuori da scuola sono il 23,9% rispetto al 14,4% degli italiani;
  • i minori stranieri sono anche più spesso vittime di bullismo;
  • solo il 53% degli studenti stranieri fa sport fuori dall’orario scolastico (75,7% tra i coetanei italiani);
  • i ragazzi stranieri che in Puglia non frequentano campi sportivi rappresentano il 34,9%;
  • in 3 città su 5 tra quelle con più minori stranieri l’offerta di aree sportive all’aperto per residenti under 18 è inferiore alla media nazionale.

Questi dati indicano che la funzione dello sport non riguarda solo lo sviluppo psicofisico di bambine e bambini, ragazzi e ragazze, ma può riguardare anche la loro crescita sociale e educativa, veicolando valori come: il rispetto delle regole e degli avversari, la lealtà verso i compagni e la squadra, la dedizione personale, l’aggregazione e la socialità. 

Aspetti che rendono la pratica sportiva centrale anche nelle politiche di contrasto alle discriminazioni, come quelle di natura etnica e razziale, ancora oggi purtroppo molto diffuse.

I MINORI STRANIERI FANNO MENO SPORT E SONO SOGGETTI A DISCRIMINAZIONI

Le ragazze e i ragazzi stranieri subiscono maggiori atti di discriminazione e di bullismo rispetto ai coetanei italiani e per una diversità sociale, fisica, etnica o culturale sono più portati all’esclusione sociale.

Nelle rilevazioni di Istat, Identità e percorsi di integrazione delle seconde generazioni in Italia (2020), è emerso che i ragazzi che sembrano essere più “esposti” ad episodi di prepotenza e/o comportamenti vessatori da parte dei loro coetanei sono i cinesi, i filippini e gli indiani (con percentuali ben superiori al 50%), le stesse comunità che tendono ad essere meno esposte ai coetanei italiani.

Come contrastare questi fenomeni? Migliorando l’accesso dei minori stranieri alla pratica sportiva: in base ai dati raccolti nell’ambito dell’indagine sull’integrazione delle seconde generazioni tra ragazze e ragazzi delle medie, infatti, solo il 53% degli studenti stranieri pratica attività sportive al di fuori dall’orario scolastico e quasi altrettanti (47%) non ne svolgono alcuna.

Per avere un termine di paragone, tra i coetanei italiani oltre 3 su 4 fanno sport (75,7%) e meno del 25% non ne pratica nessuno (v.di grafico a seguire).

Percentuale di studenti delle scuole secondarie che praticano sport o qualche attività fisica al di fuori dell’orario scolastico (2015)

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat, Indagine sull’integrazione delle seconde generazioni (pubblicati: giovedì 16 Aprile 2020)

Il divario è meno ampio, ma comunque consistente nelle scuole superiori. I più svantaggiati risultano essere i ragazzi indiani e cinesi, con percentuali intorno al 35%: in particolare, tra le ragazze indiane solo il 16% pratica un’attività sportiva al di fuori dell’orario scolastico.

Inoltre, oltre che per la cittadinanza, il divario riguarda i seguenti aspetti:

  • genere: i maschi italiani delle scuole secondarie, alla data della rilevazione (2015), praticavano sport nel 76% dei casi, quelli stranieri nel 64,1%. Le ragazze italiane meno dei giovani stranieri (62,3%), quelle straniere addirittura hanno dichiarato di fare sport in poco più di un caso su 3 (35,3%).
  • territorio: tra i ragazzi italiani la quota scende a 1 su 4: il 25,6% non frequenta mai strutture sportive nel proprio tempo libero. In Puglia, Sicilia e Campania, la quota di adolescenti stranieri che non hanno mai accesso a queste strutture supera il 34%; superano la media nazionale anche Lazio (33%), Liguria (32,2%), Toscana e Veneto (entrambe al 31,7%). Mentre livelli più contenuti si registrano nella provincia autonoma di Bolzano (20,5%), in Friuli-Venezia Giulia (26%), in Valle d’Aosta (26,1%) e nella provincia autonoma di Trento (27,10%).

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