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Identikit dei collaboratori sportivi, tra rapporto con l'utenza, medicina sportiva e fabbisogni formativi

 

Anno di pubblicazione: 

2021

Autore: 

Sport e Salute

Tematiche: 

Lavoro sportivo Sistema sportivo

L’emergenza sanitaria ha messo in luce non solo le criticità legate alla natura atipica della figura del collaboratore sportivo, ma hanno innanzitutto fatto emergere la carenza di dati e informazioni relativa a questa categoria di lavoratori, che ricopre un ruolo fondamentale nella propulsione e nella promozione delle attività sportive, sia di base che di alto livello.

Sport e Salute – attraverso l’Ufficio Strategie e Studi e l’Istituto di Medicina dello Sport – al fine di colmare suddetto gap informativo, ha pertanto condotto un’indagine che, insieme a quella di luglio 2020, contribuisce a delineare un profilo sempre più chiaro dei collaboratori sportivi italiani, anche attingendo all’ampia base dati raccolta nel corso di un anno di progetto Cura Italia per l’erogazione delle indennità a seguito della pandemia.

CHI SONO I COLLABORATORI SPORTIVI?

Questa seconda indagine sui collaboratori sportivi offre innanzitutto un identikit: sappiamo per esempio che non sussiste una particolare prevalenza di genere tra i collaboratori, anche se gli uomini superano lievemente il 50%. Più spiccata invece è la differenza legata alle fasce d’età: due terzi dei collaboratori è infatti under 35. Operano inoltre principalmente al Nord della Penisola, anche se la regione con la percentuale più elevata di collaboratori è il Lazio, mentre tra le province spicca Roma.

I collaboratori sono, per oltre la metà dei casi, allenatori, tecnici o istruttori, seguiti da atleti dilettanti e collaboratori amministrativi. In tema di organismi sportivi cui sono tesserati, le Federazioni Sportive Nazionali (FSN) ospitano oltre due terzi dei collaboratori, mentre solo l’1% è affiliato ad una Disciplina Sportiva Associata (DSA); infine, poco più di un quarto è tesserato ad un Ente di Promozione Sportiva (EPS) mentre il 2% non è tesserato. Tra gli organismi sportivi, la FIGC è il primo per numero di collaboratori tesserati, con il 23%.

Rispetto alla propria utenza prevalente, i collaboratori hanno detto di occuparsi per oltre due terzi di praticanti di base, se si considera il livello, e prevalentemente di under 18, se si considera l’età.

Tra i temi approfonditi dalla ricerca vi è poi quello delle qualifiche professionali: è emerso che la metà del campione ha conseguito una Qualifica Sportiva (nello specifico oltre un quarto ha conseguito quella di Primo Livello, mentre solo il 4% possiede quella di Quarto Livello). Inoltre, il 15% ha conseguito un Diploma di Laurea in Scienze Motorie (o ex Diploma ISEF), mentre quasi 1 collaboratore su 6 ha detto di non avere nessuna qualifica. In tutti i casi, gli uomini sono risultati più qualificati rispetto alle donne evidenziando un gap di genere nell’ambito delle qualifiche sportive.

DISTRIBUZIONE DELLE QUALIFICHE

COLLABORATORI AGGIORNATI SOPRATTUTTO SUI BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA E DELLO SPORT

Nell’ambito della ricerca, si è investigato anche sui livelli di informazione percepita, in particolare sui temi dell’alimentazione, dei benefici dell’attività fisica e sportiva e dei corretti stili di vita. Si è scoperto che:

  • sui benefici dell’attività fisica e sportiva, il 70% dei collaboratori ha detto di aggiornarsi costantemente, un quarto di farlo ogni tanto e solo l’1% ha dichiarato di non informarsi;
  • anche sui corretti stili di vita, ben oltre la metà dei rispondenti ha affermato di aggiornarsi costantemente, il 27% di farlo ogni tanto e anche qui solo l’1% ha detto di non informarsi;
  • infine, sull’alimentazione, si abbassa la percentuale di persone che si aggiornano costantemente, raggiungendo comunque la metà, a favore di quelle che lo fanno ogni tanto, il 39%, e sale al 2% il dato di quelli che non si informano.

Per testare che il grado di informazione espresso corrispondesse al livello di aggiornamento effettivo, è stato chiesto agli oltre 22.000 intervistati se fossero a conoscenza delle Linee Guida prodotte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sui livelli minimi di attività fisica e delle linee guida del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) sulla corretta alimentazione. Dai dati emerge che solo il 26% conosce e ha letto le più recenti linee guida OMS, mentre il 29% ha detto lo stesso per le linee guida MIPAAF. Infine, quando è stato chiesto ai collaboratori se fossero interessati e intenzionati ad ampliare la propria formazione sui tre macrotemi citati, quasi la metà del campione si è detto interessato.

LIVELLI DI INFORMAZIONE PERCEPITA

IL MEDICO SPORTIVO: IL RAPPORTO VARIA A SECONDA DEI FATTORI

Molto diversificato, poi, il rapporto dei collaboratori con il medico sportivo. Dall’indagine è emerso che 3 collaboratori su 4 hanno dichiarato che la propria organizzazione sportiva di riferimento si avvale di un medico sportivo. Tuttavia, la quota scende a 1 su 4 se guardiamo alle sole organizzazioni che se ne avvalgono stabilmente. Il 32%, infine, se ne avvale solo per i certificati medici sportivi.

Indipendentemente dalla presenza stabile presso propria organizzazione, è interessante notare che quasi un quarto dei collaboratori ha detto di consigliare spesso all’utenza di rivolgersi ad un medico sportivo, mentre il 32% lo fa qualche volta. Lo fanno più frequentemente i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici/tecnici. Sulla base invece della propria esperienza, più di 4 collaboratori su 5 consiglierebbero alla propria utenza di rivolgersi ad un medico sportivo.

In un momento in cui la distanza è diventata normalità, anche per la medicina e per il consulto clinico si è osservata una maggiore e più rapida diffusione degli strumenti tecnologici e digitali. Ma i collaboratori sono a conoscenza della telemedicina e del videoconsulto? Il secondo è risultato più noto, ma - in entrambi i casi - solo una piccola percentuale ha detto di averne fatto ricorso personalmente.

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